Vuoi migliorare la tua relazione?

Vuoi migliorare la tua relazione

 

 

Incomincia a prestare più attenzione ai segnali.

Coppie sane si mandano e accettano segnali costantemente per stabilire una connessione.

(Di Logan Ury)

 

Il cameriere apparve nuovamente al nostro tavolo, questa volta offrendoci un cestino pieno di paninetti appena usciti dal forno. Presi il terzo della serata, insieme ad un pezzettino di burro al sale marino.

“Cosa stai facendo a lavoro?” chiesi al mio ragazzo, Scott.

Era Giugno scorso, seduti ad un tavolo ad angolo di un ristorante stellato a New York. Eravamo stati insieme per tre anni, e vissuto insieme a San Francisco per poco più di un anno. Mi ero spostata temporaneamente a New York per partecipare al soggiorno di quattro mesi per TED (Technology Entertainment Design) . Mi aveva sorpresa con questa cena per celebrare la fine del programma.

Era un grande gesto, e lo apprezzai, perché le cose non stavano andando molto bene.

La nostra relazione iniziò ad essere vacillante a Gennaio, capovolta da vari, grandi cambiamenti nella mia vita. Dopo quasi dieci anni nel mondo aziendale, avevo lasciato il mio lavoro per inseguire la mia passione.

Ero passata da avere uno stipendio a non guadagnare, e da lavorare in un ufficio con migliaia di persone a lavorare da sola, a casa.

Avevamo avuto svariate, lunghe e difficili conversazioni negli ultimi mesi. Gli avevo detto cosa avevo bisogno da lui e dalla relazione. Avevo affermato che i bisogni che avvertivo non erano realizzabili (collettività, amici, viaggio) e gli chiesi se avessimo potuto incontrarci a metà strada. Andammo persino da un pessimo terapista di coppia, che fece riferimento a tutti i suoi post su Facebook e che ci disse che avremmo dovuto iniziare a fare sport estremi insieme per riconnetterci. Ironicamente, abbiamo legato riguardo la reciproca antipatia nei suoi confronti.

Durante una di quelle difficili conversazioni, Scott menzionò il fatto che non sembrassi mai interessata ad ascoltarlo quando parlava di lavoro.

“Credi che quello che faccio sia noioso” disse. “Non lo è. Stiamo cercando di aiutare a salvare la vita delle donne avanzando lo screening per il cancro al seno.”

Aveva ragione. Non avevo mai davvero capito cosa facesse. Lavoravo nel settore tecnico ma non sono una persona particolarmente tecnica. Riuscivo a malapena a lavorare con la mia macchina fotografica.  Quando le persone mi chiedevano di cosa si occupasse il mio ragazzo nell’Intelligenza Artificiale per Google, rispondevo con un’insalata di parole tra “apprendimento automatico”, “apprendimento artificiale”, e “diagnostica per immagini”, fino a che loro annuissero comprensivamente e la conversazione andasse avanti.

Alla fine i quattro mesi di distanza finirono. Scott aveva attraversato il paese per assistere al mio progetto di TED talk, che si concentrava sulle relazioni romantiche. Lavoro come Dating Coach e ricercatrice, studiando i modi in cui possiamo fare scelte migliori nelle nostre vite sentimentali.

Ironico come aiutassi gli altri a creare un amore duraturo ma la mia stessa relazione fosse vacillante.

Proprio lì, al tavolino ad angolo in quel bel ristorante, decisi finalmente di capire cosa il mio ragazzo facesse per vivere.

Mi diede le basi del suo lavoro –quello che fa e perché è diverso dalla tradizionale radiologia. Quando gli posi più domande, spiegò che le mammografie sono composte da quattro immagini- una di ogni seno da sopra e dal lato. I radiologi guardano generalmente tutte e quattro le immagini insieme per cercare il cancro, ma l’intelligenza artificiale di Scott osserva solo le due immagini per ogni seno alla volta, non tutte insieme.

Iniziai a chiedergli cosa ci guadagnassero i radiologi ad osservare tutte e quattro le immagini insieme, cosa che l’algoritmo d’apprendimento della macchina non faceva.

“A volte un accumulo appare nello stesso punto in entrambi i seni, il che significa che è meno propenso ad essere maligno.” Mi disse.

“Oh” esclamai. “Allora perché non alleni il tuo prototipo a prendere un gruppo di immagini e confrontarlo con l’altro per vedere se è simmetrico? Così, se è cancro, ve ne rendereste conto subito.”

“Come lo faresti?”

“Prendi un set, lo capovolgi, e lo sovrapponi all’altro.”

Posò la sua forchettata di alghe e mi fissò incredulo.

“Cosa?” dissi.

“Wow, sono impressionato. Questa stessa idea era stata usata da uno dei concorrenti più competitivi in una recente competizione di apprendimento artificiale.”

Ero seduta lì, mentre orgogliosamente lo ascoltavo spiegare le complicazioni del suo ruolo nel team di mammografia. Mi sentii connessa a lui, chiedendomi perché non mi fosse mai importato chiedergli del suo lavoro prima. Sentii come se anche lui mi stesse vedendo sotto una nuova luce, compiaciuto dal mio appena-nato interesse per il suo lavoro.

Realizzai quanto gli avessi chiesto di cambiare per la nostra relazione, senza essere intenzionata a mettere me, in primo luogo, a lavoro.

E sapevo che questo era il lavoro: prestare attenzione, porre domande, ascoltare… lo sapevo grazie all’innovativa ricerca condotta da John Gottman, uno dei miei eroi per quanto riguarda la scienza delle relazioni.  Proprio quella primavera avevo creato un video con l’Istituto Gottman sui “bids” (segnali), ossia tentativi che una persona compie per connettersi con il proprio partner.

Le idee rivoluzionarie di Gottman riguardo i segnali nacquero dalla sua ricerca, durata 40 anni, per rispondere ad una domanda: cosa separa le relazioni migliori (masters) dalle relazioni disastrose (disasters)?

Condusse la ricerca con il suo collega Robert Levenson all’Università di Washington.

Portò delle coppie in uno studio, chiamato dai media Love Lab (laboratorio dell’amore), e le registrò discutere riguardo le loro relazioni. Gli chiese di condividere con loro la storia di come si fossero incontrati e poi di raccontare una discussione recente. Alcune coppie passarono persino una settimana in un appartamento fornito di telecamere (ovviamente con il loro permesso) per vedere come interagissero durante i momenti della vita quotidiana.

Sei anni dopo, i ricercatori continuarono con le stesse coppie dividendole in due gruppi: i “masters” coppie che erano ancora felicemente sposate, e i “disasters”, coppie che avevano rotto oppure erano rimaste insieme ma vivendo infelici.

Quando Gottman studiò i nastri registrati di queste due tipologie di coppie, cercò differenze nel contenuto delle loro conversazioni. Cosa trattavano i “masters” che i “disasters” non trattavano?

Nel suo libro “La cura della Relazione” Gottman scrive, “E dopo molti mesi passati a guardare questi nastri con i miei studenti, ho iniziato a capire. Forse non è quanto è profonda l’intimità nelle conversazioni che importa. Forse non importa nemmeno se le coppie siano o no d’accordo. Forse la cosa importante è come queste persone prestino attenzione l’un l’altra, indipendentemente da cosa stiano facendo o di cosa stiano parlando.

Semplicemente parlando, le coppie di successo sono quelle attente. Ascoltano, e mettono via i loro cellulari quando l’altra persona vuole parlare.

Questa ricerca ha portato Gottman a sviluppare uno dei principi fondamentali della sua filosofia per costruire una relazione duratura: le coppie sane fanno e accettano segnali costantemente per connettersi.

Cos’è un segnale?

Il Dr. Gottman classifica i segnali come “l’unità fondamentale per la comunicazione emotiva.” I segnali possono essere evidenti o nascosti, verbali o non verbali. Sono richieste di connessione. Possono assumere varie forme, un’espressione, una domanda o un contatto fisico. Possono essere divertenti, seri o sessuali in natura.

Per esempio, il tuo partner potrebbe dirti, “Hey, com’è andata quella situazione con il tuo capo, a lavoro?” o, “Vuoi fare qualcosa questo weekend?” oppure semplicemente, “Puoi passarmi l’acqua?”

Potrebbe anche darvi una stretta affettiva, accarezzarvi amorevolmente sulla testa, o provocarvi con un ammiccamento.

I segnali sono generalmente delicati e sottili di proposito, poiché le persone temono di essere vulnerabili e noiose. È spaventoso dire “Hey! Voglio connettermi con te! Prestami attenzione!”, piuttosto preferiamo fare una domanda, raccontare una storia o offrire il nostro aiuto per stabilire una connessione. Speriamo che il nostro tentativo sia ricambiato, ma in caso non lo fosse, è pur sempre meno spaventoso che supplicare, “Connettiti con me, per favore!”

Come dovrei rispondere ad un segnale?

Ci sono tre modi in cui puoi rispondere ad un segnale:
1. Girarti verso di lui (riconoscerlo).

2. Girarti dall’altra parte (ignorarlo o semplicemente non riconoscerlo).

3. Girarti contro di lui (rifiutare il segnale in modo polemico o bellicoso).

Quando il vostro partner sta, magari, leggendo le mail e sospira sonoramente, sta lanciando un segnale. Potreste girarvi verso di lui e chiedere “Che succede?”

Ora, immaginate di star riordinando la cucina e che il vostro partner vi chieda com’è andata la vostra giornata. Potreste fermarvi e rispondere dettagliatamente parlando di quella telefonata impegnativa che avete avuto quel giorno. Questo è girarsi verso un segnale. State dicendo al vostro partner che lo vedete e gli date valore.

Girarvi dall’altra parte, nella stessa situazione, consisterebbe nell’ignorarlo o solamente sbuffare e continuare cosa state facendo.

Girarvi contro di lui prende la forma di un attacco, come rispondere, “Perché continui ad interrompermi ogni volta che sto facendo qualcosa?”

Perché i segnali sono importanti?

La tendenza a girarsi verso i segnali del proprio partner costruisce le fondamenta della fiducia, della connessione emotiva e di una vita sessuale soddisfacente.

Gottman trovò una differenza critica in come i masters e i disasters rispondessero ai segnali per la connessione. Nel Love Lab, i masters si voltavano verso i segnali l’86% delle volte, mentre i disasters solo il 33%.

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Nessuno di noi è perfetto nell’accettare tutti i segnali del nostro partner, ma i masters sono migliori in questo rispetto ai disasters.

Alcune persone sono convinte di poter congelare la loro relazione e poi scioglierla con l’occasionale appuntamento romantico. Ma le relazioni sono costruite e mantenute grazie all’attenzione quotidiana, non dai grandi gesti.

Sono stati i segnali che ci siamo scambiati durante la cena a New York, non la fantastica cena in sé, a salvare la relazione con il mio ragazzo.

Quanto spesso dovrei lanciare dei segnali?

Fallo spesso. Padroneggia l’arte dei piccoli momenti. Dimostra che ci tieni. Manda un messaggio di buona fortuna prima di un incontro. Lascia una nota incoraggiante sul frigo. Dai un bacio al tuo partner quando è sulla porta di casa –Gottman suggerisce che il bacio duri almeno sei secondi.

I segnali possono essere estremamente brevi e semplici, ma hanno un grande potere. La chiave consiste nel mandare molti segnali ogni giorno per dimostrare al vostro partner che volete avvicinarvi.

Difatti, le coppie felici si mandano segnali continuamente. Gottman ha scoperto che a tavola, durante la cena, i masters mandano segnali all’incirca cento volte in dieci minuti, mentre i disasters solo 65.

Che succede se i segnali vengono ignorati?

Quando il nostro partner rifiuta i nostri segnali, assorbiamo l’esperienza. Il nostro cervello tiene inconsciamente traccia di quante volte i nostri segnali sono accettati o rifiutati dai nostri partner.

Quando il nostro partner si volta di spalle o contro i nostri segnali, iniziamo a sentirci frustrati. Siamo più inclini a criticare i nostri partner, il che li spinge sulla difensiva e il tutto può risultare facilmente in un litigio.

Gottman ha scoperto che quando le coppie rompono, non è solitamente per problematiche quali intensi litigi o infedeltà. Molto spesso la rottura è invece risultato del risentimento e della distanza che si costruisce nel tempo quando i nostri partner ignorano continuamente i nostri segnali per la connessione.

La morale qui consiste nel lanciare tanti piccoli segnali ogni giorno. Prestate attenzione a voltarvi verso i segnali del vostro partner. Ascoltate i suoi sospiri e fate attenzione ai suoi ammiccamenti. Mantenete il contatto visivo quando vi fa una domanda. Interagite con lui quando fa notare qualcosa.

Il potere dei segnali

Prima di quella cena, mi sentivo la rappresentazione di quel vecchio detto “In casa del ciabattino le scarpe sono sfondate.” Nel mio tentativo di aiutare gli altri con le loro relazioni, stavo abbandonando la mia.

Quella notte a New York, ho lanciato un segnale per connettermi con il mio ragazzo chiedendogli del suo lavoro. Lui si è girato verso di me abbiamo avuto una delle conversazioni migliori della nostra relazione.

Vedo quella cena come il punto di svolta nella nostra vita insieme, il momento in cui mi sono accorta di averlo dato per scontato, dando la priorità al mio lavoro, alle mie mail e ai miei clienti.

La nostra relazione è completamente diversa ora. Siamo, come direbbe la terapista di coppia Esther Perel, “nella nostra seconda relazione” tra di noi. Siamo più felici che mai.

Mi prendo il tempo per dare più segnali. Ma soprattutto, presto attenzione ai suoi segnali. Metto giù il mio cellulare.

E ascolto.   

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Pubblicato il 10/02/2021 alle ore 20:12

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Paola Bianchi, psicoterapeuta
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